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martedì 2 aprile 2013

Phidge, Never, Locomotiv: quello che sei te lo porti dentro per sempre



Il Never di via Saragozza era quel posto dove quando avevamo vent'anni abbondanti finivamo tutti i venerdì e anche tutti i sabati. Di notte. E poi anche il lunedì, che alcuni di noi mettevano i dischi.
Si cominciava verso le undici e mezza, anche dopo. C'erano Chicco e Albert, c'era El V, c'erano le cameriere che, alla fine, erano tendenzialmente delle gran prugne. E poi il trionfo di régaz, i Loppies, Bedo, Pruzzo, Clyde, Tete, l'Ale, la Doriana, Chiambretti, Fidge (..ehm...), Massuz, il Fedro, Dodi, Pincio, Franz, Ciabba e poi uno sbanderno di altra gente che spero non si offenda per non essere stata citata. A occhio e croce mi sa che si offenderanno di più quelli chiamati in causa direttamente..ma bella lì.
Il Never era un non luogo, pieno di tanti spunti, ma senza un'identità definita. Glie la davamo noi. O, quanto meno, noi la sentivamo crescere di pari passo con le nostre. Perchè quello era un posto che valeva più di un pub, per i vent'anni abbondanti che avevamo.
Era una specie di casa. Che andavi lì, poi magari ti facevi un giro di là al Paolina, poi tornavi, poi beccavi qualcuno di là dalla strada. Capace anche che si facesse avanti e indietro una quindicina di volte, col Never. Intanto magari si bevevano un paio di cosine.
La notte era sempre più fonda, i colori delle luci sulle pareti, lasciate bianche proprio per essere cangianti, il rumore di fondo, costante e crescente, via via che ci si incamminava verso l'alba. Un mantra. E le idee che ci saltavano in testa, che più era tardi, più diventavano deliranti e più ci sembravano strepitose. Magari poi si progettava di mettere il punto alla serata con un'incursione al Charleston. O si restava lì fuori. O magari Chicco tirava giù la serranda e si finiva a fare dei cori con certi giocatori di una certa squadra che poi, una dozzina d'ore dopo, non è che dessero un gran spettacolo in campo. Quanto meno non paragonabile a quello offerto al Never.
Una notte lunga come i nostri vent'anni, il Never.
Lì nacque l'idea di mettere assieme qualche régaz che suonava e di farne un gruppo.
Quel gruppo che parla da queste pagine.
E che sabato sera salirà sul palco per dire che al Never non ha mai smesso di volere bene.
Al Locomotiv.
Sì, perchè il Never non c'è più.

Alle sue pareti c'erano incorniciate delle strisce a fumetti.
Una di quelle calamitava regolarmente la mia attenzione.
Tratti un po' punk, ambientazione tipo Giardini Margherita post atomici. Parlava del tempo che passa sui régaz. Diceva di gente che aveva una strana luce negli occhi. Di gente diversa dalla gente. Che poi si era persa, negli anni. Ma che in fondo non era mai cambiata.
La leggevo e mi chiedevo: "Chissà come sarò io, quando questo fumetto parlerà di me".
Adesso lo so.
Aveva ragione, quando finiva dicendo che quello che sei te lo porti dentro per sempre.

E se non mi sono spiegato bene fino in fondo, passate dal Never, il 6 aprile.
No, scusate, dal Locomotiv.
Che poi sarà la stessa cosa, quella sera lì.

Fedro - Phidge